Dott.ssa Barbara Tonini (*) DVM, libera professionista, Milano
L’infezione da FIV può rimanere sub-clinica per lunghi periodi, quindi senza determinare alcuna sintomatologia, ma porta allo sviluppo di manifestazioni cliniche quali, linfadenopatia generalizzata, diarrea, anoressia, febbre, perdita di peso, infezioni croniche, disturbi neurologici e tumori.
Immunodeficienza felina (FIV)
L’immunodeficienza felina (FIV) è una patologia causata da un lentivirus, sottofamiglia dei retrovirus, che nel gatto determina una sindrome da immunodeficienza acquisita (Pedersen et al, 1987).
Benché l’infezione da FIV possa rimanere sub-clinica per lunghi periodi, quindi senza determinare alcuna sintomatologia, porta allo sviluppo di manifestazioni cliniche quali, linfadenopatia generalizzata, diarrea, anoressia, febbre, perdita di peso, infezioni croniche, disturbi neurologici e tumori (Fleming et al, 1991; Shelton et al, 1995).
Nonostante la mancanza di segni clinici, durante il periodo asintomatico si assiste a un progressivo declino della funzione immunitaria. Tale declino è ascrivibile sia ad una generalizzata citopenia, che principalmente si esprime con una deplezione dei linfociti CD4+e una riduzione del rapporto CD4+/CD8+ (Callanan et al, 1992), che ad un’alterazione della funzionalità dei neutrofili (Kubes et al, 2003).
L’immunodepressione conseguente all’infezione da FIV comporta quindi, una maggiore suscettibilità ad agenti patogeni opportunistici che causano processi patologici cronici spesso resistenti alla terapia antimicrobica. Pertanto la terapia dell’infezione da FIV è una terapia di sostegno volta a limitare le complicanze secondarie che spesso derivano da infezioni opportunistiche.
FIV e disfunzione immunitaria
Il virus dell’immunodeficienza felina (FIV) causa un progressivo declino della risposta immunitaria che sfocia in una sindrome da immunodeficienza acquisita paragonabile all’immunodeficienza umana (HIV).
L’infezione da FIV determina un’iniziale risposta immunitaria in grado di ridurre la viremia plasmatica ma che spesso non elimina definitivamente il virus e che provoca un’inadeguata risposta immunitaria cellulo-mediata, evidente soprattutto verso patogeni secondari.
Patogeni secondari, che secondo recenti studi, sono in grado di portare allo sviluppo di condizioni morbose prima che sia evidente la diminuzione del numero dei linfociti CD4+ (Tompkins, 2008).
Quindi come possiamo rallentare il decorso della malattia e limitare l’insorgenza delle infezioni secondarie?
La risposta è più semplice del previsto perché l’obiettivo è ottimizzare lo stato di salute dei nostri pazienti, soprattutto se maggiormente a rischio di patologie.
A tale proposito, un posto di primo piano nella gestione delle complicanze da immunodeficienza è occupato da un’adeguata gestione nutrizionale, prevenendo e trattando la malnutrizione.
Infatti la diminuita assunzione di alimento, che può verificarsi anche nei soggetti asintomatici, è però molto frequente durante la fase sintomatica della malattia, a causa sia di un’inadeguata assunzione di alimento (da anoressia, nausea, patologie orali), che del malassorbimento e dell’ipercatabolismo secondario all’infezione stessa e/o alle infezioni opportunistiche.
Per un buon effetto immunostimolante dobbiamo pensare non solo ad una corretta somministrazione di macronutrienti, ma anche di micronutrienti (minerali e vitamine) strategici che forniscono all’organismo degli utili strumenti di difesa.
Tra i micronutrienti ad effetto “terapeutico” un ruolo importante è quello esercitato dallo zinco che, intervenendo in numerose reazioni enzimatiche, permette all’organismo di combattere più efficacemente l’aggressione di virus e batteri.
Zinco e immunodeficienza
Lo zinco è un microelemento che gioca un ruolo centrale nella risposta immunitaria ed è in fatti noto come soggetti affetti da carenza di zinco abbiano un’aumenta suscettibilità a diversi patogeni.
I meccanismi immunologici attraverso i quali lo zinco influenza la risposta immunitaria sono molteplici e vanno dall’integrità della barriera cutanea alla regolazione genica dei linfociti T.
Lo zinco svolge un ruolo cruciale per il normale sviluppo e funzione delle cellule che regolano l’immunità non-specifica: neutrofili e natural killer (Ibs and Rink, 2003). Inoltre, la deficienza di zinco influisce sullo sviluppo e l’attività dell’immunità acquisita, prevenendo sia la produzione dei linfociti T che alcune importanti funzioni, quali l’attivazione e la produzione di citochine. Allo stesso modo, la carenza compromette lo sviluppo dei linfociti B e la produzione di anticorpi. Infine, i macrofagi, essenziali per numerose funzioni immunologiche, presentano un’alterazione della fagocitosi e della produzione di citochine (Shankar, Prasad, 1998).
I linfociti T sono senza dubbio le cellule immunitarie più sensibili alla deplezione di zinco e in corso di carenza risulta compromessa la loro moltiplicazione e la successiva differenziazione in linfociti Th1 (Fraker and King , 2004; Overbeck et al, 2008)(Figura 1).
Per tali motivi è noto che la carenza di zinco, influenzando negativamente la risposta immunitaria può aumentare la frequenza di infezioni opportunistiche, infezioni causate da microrganismi a bassa virulenza o patogeni normalmente mantenuti in uno stato di latenza.
Pertanto in un soggetto immunodepresso, nel quale è già presente un’aumentata vulnerabilità alle infezioni secondarie, è desumibile come le conseguenze immunitarie della carenza di zinco risultino più gravi.
Zinco: ruolo protettivo e terapeutico
Dall’esperienza della medicina umana ne deriva che l’integrazione di zinco in soggetti affetti da HIV riduce la frequenza delle infezioni secondarie e che, a seguito della normalizzazione dei livelli plasmatici di zinco, si verifica un rallentamento della progressione della patologia. In particolare, la somministrazione a bambini dei Paesi in via di sviluppo affetti da HIV ha determinato la riduzione del numero e della durata degli episodi di polmonite e di diarrea (Bhutta et al, 1999; Bobat et al, 2005).
Data la notevole similitudine tra il virus HIV dell’immunodeficienza umana ed il virus FIV dell’immunodeficienza felina, i risultati ottenuti dalla somministrazione di zinco a malati di HIV si potrebbero osservare anche in gatti affetti da FIV.
La somministrazione di zinco, permettendo una migliore gestione delle infezioni secondarie che spesso risultano refrattarie alla terapia antibiotica, potrebbe costituire un’importante ausilio terapeutico nei gatti affetti da immunodeficienza felina. Pertanto l’utilità dell’integrazione di zinco sulla risposta immunitaria in corso di malattie infettive, può derivare non soltanto per la moltitudine delle funzioni biologiche in cui esso è coinvolto, ma anche per la diffusa prevalenza di condizioni in cui si verifica una deficienza subclinica di questo minerale.
Bibliografia
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