Stanley L. Marks – Dipl ACVIM (Internal Medicine, Oncology), Dipl ACVN, California, USA
Sintesi tratta dal 59° Congresso Internazionale Multisala SCIVAC (2008) – A cura della Direzione Scientifica di NBF-Lanes
Durante le giornate, in cui si è tenuto il 59° Congresso A.N.M.V.I., famosi relatori internazionali hanno sottolineato l’importanza della dieta nel trattamento dei disturbi intestinali.
INTRODUZIONE
L’approccio terapeutico, nella maggior parte delle patologie gastroenteriche, comporta l’utilizzo congiunto di trattamenti farmacologi e nutrizionali.
Tuttavia, le limitazioni o i cambiamenti nella dieta del singolo soggetto rappresentano il fattore più importante nel trattamento dei disturbi gastrointestinali.
Nonostante l’importanza di queste raccomandazioni, esiste tuttora una carenza informativa in merito ai fabbisogni nutrizionali del cane e del gatto affetti da disturbi gastroenterici.
PATOLOGIA CRONICA DEL TENUE
Le variazioni dietetiche sono essenziali per il trattamento della maggior parte dei pazienti affetti da patologia cronica del piccolo intestino. I cani con diarrea associata a patologie del tenue dovrebbero essere alimentati con una dieta altamente digeribile, moderatamente priva di grassi, senza lattosio, senza glutine e ipoallergenica. Per quanto concerne le fibre, le loro proprietà di gelificanti e leganti possono essere utili in alcune patologie del piccolo intestino.
Lipidi nella Dieta
La presenza di grassi rallenta lo svuotamento gastrico; le diete con limitato contenuto lipidico risultano meglio tollerate nella maggior parte delle patologie gastrointestinali. L’assimilazione dei grassi è un processo elaborato e gli acidi grassi non assorbiti vengono idrossilati da parte dei batteri del tenue del colon. Questi idrossiacidi stimolano la secrezione idrica del colon e peggiorano la diarrea con la conseguente perdita di fluidi.
Lattosio e Glutine
Frequentemente, le patologie intestinali distruggono o riducono il complesso dei villi intestinali e le attività enzimatiche correlate, in particolare quella della lattasi che è l’enzima più superficiale; pertanto, il latte o le altre sostanze contenenti lattosio devono essere evitate dai pazienti con patologia intestinale.
L’incapacità di digerire lattosio comporta una degradazione di questo zucchero in acidi grassi volatili che, a loro volta provocano una diarrea di tipo osmotico.
Per quanto concerne il glutine, questa proteina è un componente di grano, avena, orzo e segale: un motivo valido per eliminare tutti questi alimenti dalla dieta dei pazienti con patologie infiammatorie intestinali (inflammatory bowel disease IBD) e diarrea dovuta a un’intolleranza al glutine.
Proteine nella Dieta
Le reazioni avverse al cibo industriale sono comuni nei cani e nei gatti affetti da patologie gastroenteriche croniche e, spesso, riescono ad essere trattate con successo somministrando proteine selezionate. Poichè i determinanti antigienici delle proteine vengono indicati come i fattori scatenanti, si raccomanda di somministrare una dieta di eliminazione:
• priva di additivi e conservanti
• monoproteica, ma con proteine di fonti innovative
• altamente digeribile o formulata in modo ipoallergenico.
Poichè non esistono fonti proteiche totalmente ipoallergeniche, la componente proteica deve essere altamente digeribile, in quanto le proteine intatte risultano molto più antigieniche rispetto ai polipeptidi e agli aminoacidi.
PATOLOGIE INFIAMMATORIE INTESTINALI (IBD)
Le patologie infiammatorie intestinali (Inflammatory Bowel Diseases – IBD) sono le principali cause di vomito e di diarrea “cronici” nel cane, e sono riconducibili a un gruppo di disturbi gastroenterici:
• idiopatici
• ad andamento cronico
• caratterizzati da un’ infiltrazione della lamina propria ad opera di linfociti, plasmacellule, eosinofili, macrofagi, neutrofili, o un insieme di queste cellule.
La diagnosi di IBD richiede la progressiva esclusione di tutte le potenziali cause di infiammazione gastroenterica, compresi i parassiti intestinali, la pullulazione batterica del tenue, le enterocoliti batteriche, le intolleranze o allergie alimentari e le neoplasie. Una “dimenticanza” nel processo di eliminazione delle cause conosciute di infiammazione gastrointestinale (in grado di simulare la IBD) può determinare una scarsa risposta dell’animale al trattamento dietetico e/o farmacologico, creando i presupposti per una condizione frustrante sia per il proprietario che per il Veterinario.
Dalle osservazioni cliniche, effettuate su modelli animali, si evidenzia una sconvolgente responsabilità dei normali batteri endoluminali (o dei loro metaboliti) quali agenti causali nella IBD canina.
La risposta clinica alle diete ipoallergeniche o di esclusione suggerisce che i fattori dietetici possono influenzare la patogenesi dei IBD nel cane. La definizione “ipoallergenico” si riferisce a quegli alimenti che, generalmente privi di additivi e conservanti, contengono fonti proteiche idrolizzate.
Il concetto alimentare di “fonte proteica sacrificabile” nel corso della fase iniziale della terapia è tutt’ora in fase di sviluppo; secondo questo protocollo, la prima proteina innovativa che viene offerta all’animale prende il nome di “proteina sacrificabile”: questa fonte proteica, essendo messa a contatto con una mucosa intestinale ancora permeabile in modo anomalo, corre il rischio che il paziente sviluppi un’allergia nei suoi confronti. La proteina sacrificabile viene somministrata per circa sei settimane, trascorse le quali viene sostituita con una seconda proteina innovativa, con reale intento curativo.
PATOLOGIA CRONICA DEL COLON
Le raccomandazioni dietetiche per il trattamento nella diarrea, in corso di patologie del grosso intestino sono tutt’ora motivo di discussione. La risposta alla dietoterapia può variare drammaticamente da un paziente all’altro:
• alcuni animali manifestano un miglioramento se trattati con diete a basso residuo e di eliminazione
• altri soggetti mostrano segni positivi grazie all’ingestione di alimenti poco digeribili contenenti fibre solubili o insolubili
Proteine nella Dieta
È documentato che alcune forme di colite sono associate a una sensibilità alimentare, in modo sovrapponibile a quanto accade per l’intestino tenue: proteine, lipoproteine, glicoproteine, lipopolisaccaridi, e carboidrati sono in grado di indurre una risposta immunitaria o infiammatoria analoghe.
Per i pazienti affetti da colite si possono ipotizzare miglioramenti attraverso la riduzione dello stress digestivo, minimizzando gli antigeni che raggiungono il colon, ovvero riducendo le possibilità di una reazione immunitaria.
Parecchi studi in campo Veterinario suggeriscono che alcuni pazienti possono beneficiare della somministrazione di fonti proteiche innovative e altamente digeribili. Tuttavia, nel trattamento della diarrea del grosso intestino, anche la somministrazione di diete commerciali ad alta digeribilità, senza il ricorso a fonti proteiche innovative, ha dimostrato uguali effetti benefici.
Un recente studio è stato dedicato ad individuare la prevalenza alle reazioni avverse al cibo nei gatti, affetti da problemi gastroenterici cronici: gli allergeni più comuni sono il manzo, il grano e il glutine.
I gatti affetti da diarrea del grosso intestino, molto più comune di quella proveniente dall’intestino tenue, presentano notevoli cali ponderali. I segni clinici più importanti in questa ipersensibilità al cibo sono problemi gastroenterici e manifestazioni dermatologiche.
Queste osservazioni suggeriscono che, anche nei gatti, la somministrazione di diete a base di proteine selezionate rappresenta un elemento importante nel trattamento delle patologie gastroenteriche idiopatiche croniche.
Fibre nella Dieta
Frequentemente, per il trattamento della colite cronica, si raccomandano diete ad alto contenuto di fibre solubile, insolubili o miste.
Talvolta si preferiscono le fibre solubili (fermentabili) rispetto a quelle insolubili (non fermentabili) poichè le prime generano butirrato, la principale fonte di energia per i colonociti. Insieme al butirrato vengono prodotti anche acidi grassi a corta catena che, abbassando il pH endoluminale del colon, impedisce la crescita di batteri patogeni.
A questo gruppo di sostanze appartengono i fruttooligosaccaridi (FOS), carboidrati che resistono alla digestione enzimatica del tubo gastroenterico e vengono metabolizzati dai batteri che colonizzano il tratto distale del tenue e il grosso intestino. L’aggiunta di FOS alle diete feline, in ragione dello 0,75% (sulla sostanza secca) non modifica la flora duodenale ma incrementa il numero di lattobacilli e riduce quello di E. coli nella flora batterica fecale.
Acidi Grassi Polinsaturi
Le modificazioni del rapporto tra gli acidi grassi polinsaturi (polynsaturated fatty acids – PUFA) omega-6/ omega-3 sono in grado di ridurre la risposta infiammatoria nei pazienti umani affetti da colite ulcerosa e Morbo di Crohn. Le diete arricchite di acidi grassi n-3 determinano l’incorporazione degli stessi nelle membrane biologiche, diminuendo così la concentrazione degli acidi grassi proinfiammatori n-6 come l’acido arachidonico ( 20:4, n-6).
Nella terapia della colite ulcerosa, la modulazione immunitaria dei precursori nutrizionali estratti dall’olio di pesce (acidi grassi n-3), come l’acido eicosapentenoico (EPA-C 20:5, n-3) e l’acido docosaesaenoico (DHA – C 22:6, n-3) ha dato risultati positivi attraverso una riduzione del 35% – 50% della produzione di Leucotrieni infiammatori (LTB 4 ) la parte dei neutrofili.
Da questi studi (Hawthorne AB, Edwards T., Filopowicz B et al., Gut A738; Scheurlen M, Dais W, Steinhilber D et al., Scand J. Gastroenterol Suppl. 158, 100-101) viene riportato un significativo miglioramento nella sintomatologia e nelle caratteristiche istologiche della mucosa rettale, in pazienti con il Morbo di Crohn e colite ulcerosa, ai quali era stata somministrata la dose giornaliera di 3-4 grammi di olio di pesce per un periodo compreso tra 2 e 6 mesi.
Vale la pena di sottolineare che l’azione antinfiammatoria dell’olio di pesce, oltre alla inibizione della LTB4 comprende la soppressione della IL-1 e della sintesi del PAF (Platelet Activating Factor – fattore di attivazione piastrinica).
Al momento attuale, in campo Veterinario, è già stato provato che cani alimentati con Acidi Grassi in rapporto n-6/n-3 ottimale (compreso tra 5:1 e 10:1) presentano concentrazioni ridotte di LTB4 nel plasma e nei neutrofili, nonchè a livello cutaneo (Vaughn DM, Reinhart GA, Swaim SF et al., Vet Derm 5:163; Reinhart GA, Vaughn DM, Atti del 13° ACVIM Forum, Lake Buena Vista,FL, 466-469).
Conferme anche dal Campo Umano!
Efficacia del Fish Oil nel Trattamento del Morbo di Crohn
La somministrazione di capsule contenenti fish oil è in grado di limitare la frequenza delle ricadute in pazienti affetti da Morbo di Crohn, in accordo con quanto riportato da “The New England Journal of Medicine”. Alcuni ricercatori, con a capo il Dr. Andrea Belluzzi dell’Università di Bologna, hanno condotto uno studio clinico in doppio cieco e controllato con placebo che ha coinvolto 78 pazienti colpiti dal Morbo di Crohn e inclini alle recidive.
La dose giornaliera di Fish oil era di 2,7 grammi.
Il Dr. Belluzzi riporta che:
• solo il 28% dei pazienti appartenenti al gruppo trattato con Fish oil ha presentato recidive, contro il 69% dei pazienti inseriti nel gruppo di controllo
• a distanza di un anno, il 59% dei pazienti Fish oil restava privo di manifestazioni cliniche, contro il 26% di quelli appartenenti al gruppo di controllo
Il team italiano ipotizza che il Fish oil:
• sia in grado di inibire sia il Leucotriene (LTB4) che il Trombossano (TXA2) infiammatori, presenti in quantità elevate nell’intestino infiammato dei pazienti con Morbo di Crohn
• possa inibire la sintesi del Fattore di Necrosi Tumorale (TNF) oppure dell’interleukina-1beta
• induca un’iperplasia degli enterociti la quale, a sua volta, aumenti la superficie della mucosa e consenta un maggior assorbimento degli alimenti. N Engl J. Med 334:1557-160, 1599-1600