La leishmaniosi è fondamentalmente caratterizzata dall’anomala risposta all’antigene per un alterato funzionamento del sistema immunitario.
Sembra perciò logico ritenere che l’impiego di sostanze ad attività immunostimolante, da sole o associate a farmaci tradizionali, possa condizionare in modo favorevole l’esito della terapia.
I risultati mostrano che entrambi i tipi di Leishmaniae sono sensibili allo zinco solfato.
I promastigoti (elementi flagellati, extracellulari) presenti nella saliva dell’insetto, penetrano attraverso la cute, si legano ai macrofagi della cute e si diffondono nel sistema reticolo-endoteliale di tutto l’organismo.
Sulla superficie del promastigote esistono due molecole che hanno un ruolo preminente nell’aggancio parassita-cellula fagocitaria: una glicoproteina (gp63) ed un lipofosfoglicano.
Essi attivano la via alterna del complemento.
La maggior parte dei parassiti sono distrutti dalle difese aspecifiche dell’organismo, alcuni sono rapidamente fagocitati dai macrofagi, nei quali si trasformano in amasticoti (elementi aflagellati, intracellulari), che iniziano a moltiplicarsi nei vacuoli intracellulari. Gli amastigoti sono forme ovalari di 2-4 micron di diametro.
I lisosomi dei macrofagi liberano gli enzimi idrolasici per digerire il parassita, ma la Leishmania offre una certa resistenza alla loro azione.
Nella leishmaniosi viscerale le cellule colpite vanno presto incontro a morte e rilasciano gli amastigoti che sono a loro volta fagocitati da altri macrofagi: questo ciclo si ripete più volte finchè tutti gli organi che contengono macrofagi sono largamente infettati di Leishmaniae (milza, fegato, midollo osseo, linfonodi).
Quando un soggetto infettato viene punto da un altro flebotomo non ancora infetto, l’infezione viene trasmessa nel momento in cui esso aspira il sangue, attraverso i macrofagi circolanti ripieni di amastigoti.
Nello stomaco del pappatacio gli amastigoti vengono liberati in poche ore e nell’intestino si trasformano in promastigoti, forma flagellata lunga 10-15 micron e larga 1,5-3,5 micron: il flagello misura 15-28 micron.
Dopo molte divisioni binarie essi migrano nella faringe e nella cavità buccale del pappatacio, pronti ad essere immessi in un nuovo ospite.
La durata del ciclo nella zanzara dura dieci giorni.
Le Leishmaniae, tramite il sistema antigenico, riescono a scardinare l’apparato difensivo dell’ospite.
Già nel 1985 Bunn Moreno et al.(1) hanno descritto la presenza di un fattore deprimente sui linfociti “T suppressor” e di un fattore stimolante sui linfociti B, questo determinerebbe una iperstimolazione della risposta umorale ed alterazione di quella cellulo-mediata.
Pertanto molte manifestazioni cliniche sono legate più alla risposta immunitaria che non ad una precisa azione diretta del parassita L.
Ceci, M.
Sasanelli, G.Carelli, 1989 (2).Anche nel cane infetto è stato dimostrato che la capacità di fagocitosi dei monociti, risposta cellulomediata, risulta notevolmente ridotta, rispetto a quella dei cani sani, sia nei confronti delle Leishmaniae stesse sia nei confronti di altri microrganismi.Sembra perciò logico ritenere che l’impiego di sostanze ad attività immunostimolante, da sole o associate a farmaci tradizionali, possa condizionare in modo favorevole l’esito della terapia – P.Tassi, 1989 (3).
I risultati sono estremamente interessanti e tali da ridurre notevolmente i tempi di guarigione.
Indagini condotte in vitro hanno indicato la possibile sensibilità della Leishmania allo zinco solfato (Sharquie & Al-Azzawi 1996).
Nel 1998 R.A.
Najin (6) ha condotto, sia in vitro che in vivo, un’indagine circa l’impiego dello zinco solfato nella terapia della leishmaniosi; da segnalare che sul modello animale lo zinco solfato è stato somministrato oralmente.
In questo lavoro è stata valutata la sensibilità in vitro dei promastigoti e degli amastigoti axenici sia di Leishmania major che Leishmania tropica allo zinco solfato; la DL50 è stata calcolata e comparata al trattamento terapeutico standard in corso di leishmaniosi cutanea con i composti pentavalenti di antimonio: antimoniato di meglumina (GlucantimR) e Stibogluconato di sodio (PentostamR).
I risultati mostrano che entrambi i tipi di Leishmaniae sono sensibili allo zinco solfato.
Inoltre la sensibilità di entrambi i tipi di Leishmania è stata valutata secondo il metodo dello striscio su vetrino ed i risultati sono stati comparati a quelli ottenuti dalla metodologia standard.
Inoltre lo zinco solfato somministrato per Os è stato saggiato in vivo sia per la terapia che per la profilassi.
I risultati hanno mostrato l’efficacia dello zinco solfato in entrambe le vie d’impiego.
Questi risultati incoraggiano l’uso orale dello zinco solfato nel trattamento clinico della leishmaniosi cutanea dell’uomo.
Abbiamo pertanto ritenuto opportuno proporre all’attenzione Veterinaria il lavoro di Rafild A.
Najiam et al.
(1998).
Per quanto riguarda l’efficacia dello zinco solfato nella cura della leishmaniosi cutanea rimandiamo il lettore all’articolo; richiamiamo brevemente l’attenzione alla tabella, ripresa dall’articolo, dove si può notare come sia gli amastigoti che i promastigoti siano nettamente più sensibili allo zinco solfato rispetto ai composti antimoniali pentavalenti.
È da segnalare che gli autori indicano che la DE50 per lo zinco solfato è di 59 mg/kg.
Il meccanismo d’azione dello zinco solfato nella terapia della leishmaniosi sembra quindi interessare due percorsi distinti: il primo è dato dall’azione diretta dello Zn sugli amastigoti tale da inibire la proliferazione, mentre il secondo è imputabile agli effetti immunostimolante e immunomodulante dello zinco sia nei confronti dello “shift” dei Th1 in Th2, alterazione della risposta cellulo-mediata e conseguente deficit immunitario (Sprietsma J.E., 1997- 7), che come stabilizzante le membrane cellulari per l’azione antiossidante verso i radicali liberi.
A tale proposito si ricorda quanto sopra detto relativamente all’abbattimento delle concentrazioni plasmatiche di Zn, Fe, Cr in corso di malattie infettive croniche.
Inoltre non deve essere trascurato il ruolo dermoprotettivo di questo oligoelemento nel trofismo cutaneo; si ricorda brevemente che L.
Ferrer et al.
nel 1988 (8) in Spagna riporta che il 72% dei cani affetti da leishmaniosi presenta lesioni cutanee mentre R.J.
Slappendel (9) in Olanda le descrive nel 90% dei casi.
Nello studio di R.A.
Najim emergono altri due dati estremamente interessanti: il primo riguarda la somministrazione orale dello zinco solfato, mentre il secondo riguarda l’indagine condotta in vivo sulle capacità profilattiche dello Zn nei confronti della leishmaniosi cutanea.
La capacità profilattica dello zinco solfato nei confronti di L.
major e L.
tropica è stata valutata nel topo; sono stati allestiti due gruppi: trattati e controlli.
Ai trattati è stata somministrato, per bocca, zinco solfato per 5 giorni consecutivi alla dose di 10 mg/kg mentre ai controlli solo acqua distillata.
Dopo 5 giorni i soggetti sono stati infettati e le lesioni sviluppate controllate settimanalmente per 2 mesi.
I soggetti trattati hanno sviluppato lesioni nettamente minori rispetto ai controlli.
A nostro avviso questo dato, se sarà confermato su L.
infantum, rappresenta un’indicazione estremamente interessante sia nel caso di soggetti già immunodepressi, e quindi a maggior rischio, sia per coloro che vivono in zone endemiche.
Un altro dato interessante che emerge dal lavoro di R.A.
Najim è il metodo per l’indagine diretta sugli amastigoti axenici anzichè sui promastigoti.
È infatti noto che nell’organismo l’infezione si propaga attraverso gli amastigoti e non i promastigoti.
Questi risultati incoraggiano l’uso orale dello zinco solfato nel trattamento clinico della leishmaniosi cutanea dell’uomo
Il meccanismo d’azione dello zinco solfato nella terapia della leishmaniosi sembra quindi interessare due percorsi distinti: il primo è dato dall’azione diretta dello Zn sugli amastigoti tale da inibire la proliferazione, mentre il secondo è imputabile agli effetti immunostimolante e immunomodulante dello zinco
Questo dato, se sarà confermato su L.
infantum, rappresenta un’indicazione estremamente interessante sia nel caso di soggetti già immunodepressi, e quindi a maggior rischio, sia per coloro che vivono in zone endemiche
Bibliografia:
1)- Bunn-Moreno M.M., Madeira E.D., Miller K., Menezes J.A., Campo-Neto A.: “Hipergammaglobulinemia in Leishmania donova-ni infected hamster: possible association with a polyclonal activator of B cells and with suppression of T cell function“. Immun., 59:427-434, 1985
2)- Ceci L., Sasanelli M., Carelli G.: “Leishmaniosi canina: interazione ospite-parassita e patogenesi“. Ed. Grasso, 198)
3)- Tassi P.: “Leishmaniosi canina: terapia“. Ed. Grasso, 1989
4)- Sharquie K.E., Al-Azzawi K.E.: “Intralesional therapy of cutaneous leishmaniasis with 2% zinc sulphate solution“. Iraqi Central Organization for Specification & Quality Control/Patent section, Patent number 2583, Baghdad-Iraq, 1996
5)- Sharquie K.E., Najim R.A., Farjou I.B.: “A comparative control trial of intralesionally administered zinc sulfate, hypertonic saline, chloride and pentavalent antymony compounds against acute cutaneous leishmaniasis“. Clin. Exp. Dermatol. 22:169-173, 1997
6)- Najim R.A., Sharquie K. E., Farjou I.B.: “Zinc sulphate in the treatment of cutaneous Leishmaniasis: an in vitro and animal study” ” Mem. Inst. O. Cruz, Rio de Janeiro, 93(6):831-837, 1998
7)- Sprietsma J.E.: “Zinc-controlled Th1/Th2 switch significantly determines development of diseases” Med. Hypotheses 49(1): 1-14, 1997
8)- Ferrer L., Rabanal R., Fondevila D., Ramos J.A., Domingo M.: “Skin lesions in canine leishmaniasis” J. Small Anim.Pract., 29: 381-388, 1988
9)- Slappendel R.J.: “Canine leishmaniasis. A review based on 95 cases in the Netherlands“. The Vet. Quarterly 10: 1-16, 1988
NBF-Lanes ringrazia il Dr. Dr. Damiano Fortuna per la gentile collaborazione.