In un articolo di Biology, qui riassunto, sono riportate le evidenze emerse da uno studio americano per il quale sono stati valutati gli effetti di omega-3, fibre e polifenoli sui biomarker dell’ansia.
Con una prevalenza simile a quella che si registra nell’uomo – tra il 26 e il 29% – il cane può manifestare sintomi d’ansia che aumentano con l’età, e in qualche caso disturbi riferibili al comportamento disfunzionale canino – comportamenti ripetitivi e rifiuto dell’interazione sociale –non dissimili da quelli che caratterizzano i disturbi dello spettro autistico nell’uomo.
In merito a questo, le crescenti acquisizioni riguardanti il ruolo dell’asse intestino-cervello hanno portato ad approfondire le caratteristiche del microbiota dei soggetti ansiosi, facendo emergere che molte condizioni di natura neuropsichiatrica – compresa l’ansia – si accompagnano a un aumento della flora intestinale ad azione pro-infiammatoria e a una riduzione di quella ad attività antinfiammatoria.
Sono stati identificati anche diversi biomarker legati all’ansia – neurotrasmettitori, neuropeptidi, fattori neurotropici e immunologici – ma nessuno specifico per la diagnosi.
In termini generali, sembra siano correlati ai disturbi d’ansia i metaboliti riguardanti lo stress ossidativo, il metabolismo della glutammina e le vie della neurotrasmissione. Nei cani particolarmente apprensivi sono stati per esempio individuati livelli circolanti elevati di glutammina e di gamma-glutamilglutammina e, di recente, la somministrazione in modelli di laboratorio di 4-etilfenil solfato (4-EPS) – metabolita prodotto dal microbiota intestinale – ha mostrato di indurre comportamenti ansiosi, che cessavano dopo l’assunzione di Bacillus fragilis.
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